Intervista a Francesco Vigna, figlio di Anna, uccisa dal marito il 2 luglio 1999 a Cosenza
COSENZA – Era l’alba del 2 luglio 1999 quando la vita di Anna Morrone, ostetrica di 38 anni, madre premurosa e donna dal cuore generoso, fu tragicamente spezzata per mano di suo marito. Un femminicidio che ha lasciato una ferita profonda nella comunità di Cosenza e che, a venticinque anni di distanza, continua a risuonare come un monito doloroso.
Nel libro “Ma io non ritorno – Un’altra Anna”, l’autrice Barbara Modaffari, con la collaborazione di Francesco Vigna, figlio di Anna, ricostruisce con meticolosa attenzione i dettagli di una storia d’amore malato, culminata nel più tragico degli epiloghi. Attraverso testimonianze di familiari e amici, emerge il ritratto di una donna dolce e affettuosa, la cui luce è stata ingiustamente offuscata.
Questo racconto non è solo la storia di Anna, è la storia di tutte le donne vittime di violenza domestica, un fenomeno che ancora oggi non si arresta. In Italia, nel 2024, sono state 99 le donne che hanno perso la vita per mano di un uomo, nella maggior parte dei casi il marito, il compagno o un ex.
“Fare un passo indietro, chiedere scusa. Perdonare è l’atto più coraggioso che un essere umano possa dimostrare”.
Abbiamo intervistato Francesco Vigna, il figlio di Anna, per raccogliere il suo ricordo di lei e il suo impegno nel tenere viva la memoria di sua madre affinché la sua storia possa servire da monito per il futuro.

D. Che tipo di madre era Anna? Quali sono i ricordi più belli che conservi di lei?
Francesco Vigna: Mia Mamma era una persona eccezionale! Mia Madre è una persona ancora oggi presente. Non posso declinare al passato la sua figura e non voglio! Lei è ancora presente, ancora tra noi, oggi più che mai.
Ha lasciato in eredità il suo coraggio, la voglia di vivere, di lottare. Una speranza.
Premurosa, protettiva, socievole, empatica. Il suo ricordo è scalfito nel mio cuore e nella mia anima!
Una ragazza dolce e affettuosa, vista la sua giovane età. Da figlio posso dire che ha fatto di tutto per il mio bene e non solo. Pronta a consigliare su qualunque argomento il prossimo, amica di tutti, disponibile verso gli altri. Una donna sempre pronta al perdono.
Di lei, sono innumerevoli i ricordi che porto dentro di me. Il nostro trascorso, seppur breve, è stato intenso. Gli occhi di un bambino non riuscivano a vedere ciò che vedeono oggi: la sua grandezza. Non possono realizzare l’immenso sacrificio che ha dovuto sopportare.
Come sei riuscito a trasformare un dolore così grande in un impegno concreto per il ricordo di tua madre?
Francesco Vigna: Probabilmente non sono riuscito a trasformare ancora questo dolore. Nonostante possa sembrare il contrario. La sua mancanza resterà scolpita nel mio essere. Il mio è un dolore incolmabile.
Vivo e sono vivo grazie a lei, attraverso i suoi insegnamenti, la sua educazione, impartita sin da bambino. Mi ha trasmesso la sua caparbietà, la voglia di ottenere, di lottare per qualcosa.
Ecco, guardando oggi il mondo con occhi da adulto, riesco invece a trasformare parte del mio dolore per fare sì che questi avvenimenti, queste tragedie, non accadano più.
Il mio impegno è dedicato alla memoria di mamma, ma anche a tanti figli che rimangono soli o vivono situazioni simili.
D. C’è un messaggio specifico che vuoi trasmettere ai lettori attraverso la storia di tua madre?
Francesco Vigna: Attraverso questa storia, questo libro, dove ogni singolo avvenimento è reale, vissuto con fatti realmente accaduti, vorrei contribuire a dare un significato importante alle nuove generazioni al fine di porre fine ad una violenza ormai inaccettabile sotto tutti i punti di vista.
Far sì che ogni essere umano sia libero di pensare e agire come meglio crede. Che il suo percorso sia unico, così come la vita.
D. Se potessi parlare direttamente a chi oggi sta vivendo una situazione simile a quella di tua madre, cosa diresti?
Francesco Vigna: Oggi, presentando questo scritto, ci rivolgiamo alle famiglie, ai figli, ai maltrattati ma anche ai maltrattanti, affinché possa esserci in ognuno di loro quella sensibilità di deporre le armi, quel rancore che portano dentro senza un apparente motivo.
Bisogna fermarsi, guardarsi dentro, avvicinarsi allo specchio e scavare dentro se stessi, cercando quella dignità di Uomo che a volte si perde nei meandri del nostro Io.
Fare un passo indietro, chiedere scusa. Perdonare è l’atto più coraggioso che un essere umano possa dimostrare.
D. Come vedi oggi la società rispetto al problema del femminicidio? Credi che ci sia stato un cambiamento reale in questi 25 anni?
Francesco Vigna: Viviamo in una società frustrata, che rincorre una serenità e una stabilità che forse mai raggiungerà.
Siamo convinti che potere sia sinonimo di immortalità, ma non ci rendiamo conto che la nostra vera virtù è la vita stessa, unica e sola.
Vogliamo e speriamo di raggiungere la perfezione, l’apice del nostro credo, del nostro essere. Bisogna però ricordarsi ogni giorno che la vita è una sola e noi siamo imperfetti e solo di passaggio. Abbiamo il dovere di lasciare un mondo migliore a chi, dopo di noi, farà parte di questo viaggio.
Solo se uniti nello stesso pensiero possiamo credere in un cambiamento reale.
Lascio in eredità la stessa volontà della mia Mamma, che aveva tanta voglia di vivere e tanta strada ancora da percorrere.
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Oggi ricordare Anna non è solo un atto di memoria, ma un dovere. Troppe donne continuano a morire per mano di chi dice di amarle, troppi figli restano soli a raccogliere i pezzi di un dolore incolmabile. La violenza di genere non è un problema privato, ma una responsabilità collettiva. Solo educando al rispetto, fornendo aiuto concreto alle vittime e lavorando su un cambiamento culturale profondo possiamo sperare in un futuro in cui storie come quella di Anna non debbano più essere raccontate.