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venerdì, Marzo 14, 2025

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Germania, un paese al bivio

I risultati delle elezioni politiche aprono nuovi scenari


Le elezioni tedesche dello scorso 23 febbraio hanno consegnato un nuovo scenario politico del paese più importante dell’Unione Europea, sia in termini economici – la Germania è il primo paese esportatore dell’UE, oltre ad avere il PIL nominale più elevato – che per numero di popolazione, con i suoi 83 milioni di abitanti. I risultati delle ultime elezioni si prestano ad un’interessante analisi elettorale che, oltre al dato puramente statistico, rivela un deciso cambiamento di prospettive e di sentimenti in un paese che è stato considerato per molto tempo il custode della stabilità dell’assettopolitico ed istituzionale dell’Unione Europea, e che dall’inizio della guerra in Ucraina ha pagato il prezzo maggiore per lo sforzo comune europeo in funzione anti-russa.

I tedeschi si sono recati alle urne in anticipo rispetto alla scadenza naturale della legislatura, dopo la crisi politica esplosa lo scorso novembre, quando la cosiddetta “Coalizione semaforo” (Socialdemocratici, Verdi e Liberali) si è spaccata sull’elaborazione della legge di bilancio. L’esecutivo guidato dal cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz è apparso debole e poco coeso nella definizione della strategia economica per affrontare la grave crisi inflazionale che ha colpito il paese, in seguito allo scoppio del conflitto russo-ucraino e la perdita per la Germania del principale fornitore di energia a basso costo.
I temi principali della campagna elettorale sono stati l’immigrazione e l’economia. Alla fine, gli elettori tedeschi hanno premiato i partiti che hanno proposto un forte cambio di direzione su queste due materie. In particolare, l’AFD di Alice Weidel, vero vincitore di queste elezioni, ha pesantemente condizionato il dibattito elettorale con le sue proposte anti-immigrazione, seguito in questa direzione dall’altro vincitore delle elezioni, la CDU del candidato cancelliere Friedrich Merz, esponente della fazione conservatrice e liberista del partito e avversario interno di Angela Merkel durante il cancellierato di quest’ultima. Fu proprio Merz ad opporsi alla politica delle frontiere aperte per i profughi siriani, sostenuta con convinzione dalla Merkel durante la crisi migratoria del 2015. 
Solo due settimane prima del voto, il leader della CDU aveva provato ad assecondare le richieste dell’AFD, con la presentazione di una proposta di legge contenente misure molto restrittive e un giro di vite per l’immigrazione in Germania. Nonostante il voto favorevole della stessa AFD, la proposta è stata respinta grazie alla convergenza delle altre forze politiche presenti nel Bundestag.


Il partito nazionalista di Alice Weidel è poi in sintonia con la linea ultra-rigorista sui conti economici tedeschi proposta da Merz, la quale prevede una rigorosa spending-review, ridimensionamento del welfare e un ritorno alla politica del lassaisez-faire. Una strategia questa, che a detta di Merz dovrebbe contrastare l’inflazione e rimettere in moto l’economia tedesca.


Nonostante le similitudini d’intento, il leader della CDU ha smentito la possibilità di un governo assieme ad AFD, facendo intendere che i futuri colloqui avranno come principali interlocutori i socialdemocratici dell’SPD, con cui sarebbe possibile formare una Grosse Koalition a due. Infatti, dopo l’esclusione per una manciata di voti dal Bundestag del partito populista di sinistra BSW, i cristianodemocratici e i socialdemocratici hanno beneficiato di seggi aggiuntivi, e assieme superano la soglia della maggioranza assoluta al Bundestag, pari a 316 seggi (CDU + SPD = 328 deputati). 


Nonostante la batosta elettorale (con una differenza in negativo di 4,3 milioni di voti rispetto alle precedenti elezioni), l’SPD sarà ancora una volta chiamato a formare un governo, questa volta come socio di minoranza della CDU. Una sconfitta, quella dei socialdemocratici, prevedibile e non senza colpe. Tra le varie responsabilità attribuibili all’SPD, vi è sicuramente il sostegno incondizionato all’invio di armi in Ucraina e il discusso piano da 100 miliardi di euro elaborato dal ministro della Difesa Boris Pistorius – papabile successore di Scholz alla guida dell’SPD – per l’ammodernamento dell’esercito e dell’arsenale militare tedesco. Secondo l’istituto di ricerca Infratest dimap, quasi un milione e mezzo di elettori che alle scorse elezioni avevano votato per l’SPD questa volta ha scelto di votare AFD (partito considerato dagli opinionisti tedeschi filo-putiniano, contro le sanzioni alla Russia e l’invio di armi all’Ucraina), a cui si aggiungono 440mila elettori che hanno preferito la nuova formazione di sinistra BSW, anche quest’ultimo fortemente contrario all’invio di armi ed all’applicazione delle sanzioni contro la Russia. Inoltre, i socialdemocratici hanno perso consenso verso il partito della sinistra radicale Die Linke, per un totale di 560 mila elettori, altro vincitore delle ultime elezioni tedesche con un balzo dal 2.7 per cento delle ultime elezioni europee all’8.8 per cento delle elezioni nazionali, e la conquista di 64 seggi. Forte della sua giovane leader Heidi Reichinnek, nelle ultime settimane prima delle elezioni Die Linke è riuscita a catalizzare un ampio consenso tra i giovani tedeschi e le persone preoccupate dall’avanzata dell’ultradestra dell’AFD, attraverso una campagna elettorale intelligente e basata su temi come la difesa del welfare e dei diritti delle minoranze e degli immigrati, l’ambientalismo, il non riarmo (sebbene il partito della Sinistra abbia votato a favore dell’invio di aiuti militari a Kiev). Ancora, l’SPD è stato pesantemente sconfitto dall’AFD nelle aree orientali e più povere del paese,dove il partito nazionalista ha conseguito il maggior numero di seggi. Basti guardare la cartina elettorale con la suddivisione dei collegi per capire quanto l’odierna Germania sia un paese divisopoliticamente ed economicamente tra Est e Ovest, nonostante il trentacinquesimo anniversario della riunificazione del paese ricada proprio quest’anno.


Capitolo a parte per quanto riguarda il partito dei Verdi tedeschi, forza politica che ha fatto parte dell’esecutivo Scholz assieme ai liberali dell’FDP, e che ha pesantemente condizionato le scelte di governo circa il sostegno incondizionato all’Ucraina e la definitiva rottura dei rapporti della Germania con la Russia di Putin. Infatti, i Verdi sono stati i principali sostenitori dell’approcciohard nelle relazioni diplomatiche, politiche ed economiche verso la Russia, e non hanno mai smesso di incalzare Scholz per un costante invio di armi all’Ucraina, fino a chiedere allo stesso cancelliere tedesco la consegna a Zelensky dei missili Taurus a lungo raggio (richiesta respinta da Scholz). Insomma, da partito pacifista e favorevole allo smantellamento della NATO a partitoespressione del nuovo militarismo tedesco e dell’atlantismo. Nonostante i sondaggisti avessero previsto un drastico ridimensionamento della formazione ecologista (essendo ritenuti i responsabilidelle contestate scelte in materia di approvvigionamento energetico e riconversione industriale), i Verdi hanno perso circa 3 punti percentuali rispetto le scorse elezioni, ottenendo 85 seggi (rispetto ai 118 della precedente legislatura) e formeranno comunque il quarto gruppo parlamentare. 


Nulla da fare invece per il BSW, il partito populista di sinistra fondato l’anno scorso da SahraWagenknecht, in seguito ad una scissione avvenuta in seno al partito Die Linke. La nuova formazione, che si distingue per il suo impegno nelle questioni sociali a difesa delle classi più povere, per il posizionamento anti-NATO e la contrarietà al sostegno militare all’Ucraina, non è riuscita per soli 13 mila voti ad accedere alla ripartizione dei seggi al Bundestag, attestandosi al 4.97 per cento. 


Il mancato successo del BSW è forse dovuto ad alcune decisioni del partito ritenute ambigue, come il voto favorevole di sette deputati (su dieci) del BSW alla proposta di legge restrittiva sull’immigrazione presentata da Merz, la non partecipazione dei dirigenti del partito alle manifestazioni anti-AFD a ridosso delle elezioni, e l’ingresso del BSW in alcune amministrazioni locali in Turingia con i partiti tradizionali CDU e SPD.


Restano fuori anche i liberali dell’FDP, ossia coloro che hanno innescato la crisi di governo dopo il ritiro del sostegno all’esecutivo Scholz da parte del leader liberale e ministro delle Finanze Christian Lindner. 


Secondo il leader della CDU Friedrich Merz, la Germania avrà un nuovo governo in tempi celeri, entro il periodo di Pasqua, al fine di garantire la stabilità necessaria in un momento particolarmente delicato della storia della Repubblica Federale di Germania. E tuttavia, non è affatto scontato che la prossima coalizione tra CDU-SPD possa sopravvivere alle numerose sfide che il paese deve affrontare, tra lo spauracchio dei dazi americani promessi da Trump, l’esacerbarsi dello scontro tra Stati Uniti e Unione Europea, il nuovo protagonismo della Russia e il destino incerto dell’Ucraina.

Gabriele Boccia

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