Intervista a Barbara Modaffari, autrice di “Ma io non ritorno – Un’altra Anna”
COSENZA – Ci sono storie che nessuno vorrebbe raccontare, eppure sono necessarie. Non per indugiare nel dolore, ma per dare un senso alla sofferenza e impedire che si ripeta. Quella di Anna Morrone è una di queste storie. Una vita spezzata dalla violenza, un destino crudele che l’ha strappata via troppo presto, ma che oggi rivive attraverso le parole di chi l’ha amata e di chi ha deciso di raccontarla.
Abbiamo intervistato Barbara Modaffari, autrice del libro “Ma io non ritorno – Un’altra Anna. Storia di un femminicidio”, che ha ricostruito la storia di Anna grazie alla collaborazione con suo figlio, Francesco Vigna.
mi auguro che una donna che si trovi in una relazione pericolosa si renda conto di quale rischio si corra nel perdonare le botte subite
Cosa ti ha spinto a raccontare la storia di Anna Morrone? Qual è stato il momento in cui hai sentito il dovere di scrivere questo libro?
B. M.: “In realtà l’inizio di questo percorso è avvenuto per caso. Sono stata contattata da Francesco, che di me sapeva solo che sono appassionata di scrittura, e io di lui sapevo solo che la madre era stata uccisa dal padre e ne voleva raccontare la storia. Ma dalla prima telefonata abbiamo iniziato a scoprire che io ed Anna non eravamo solo legate dalla stessa professione, infermiere entrambe, ma addirittura dello stesso reparto, la rianimazione, e che io lavoro ogni giorno con alcune delle sue colleghe. Dopo aver capito di essere stata in qualche modo “scelta”, ho sentito il dovere di ricercare la verità delle dinamiche relazionali di questa triste vicenda.”
Come è stato lavorare fianco a fianco con Francesco Vigna nella ricostruzione della storia di sua madre? Quali emozioni ti ha lasciato questo percorso?
B. M.: “Il primo giorno che ci siamo incontrati Francesco ha iniziato a raccontare tutto, come un fiume in piena. Sono stata travolta da una serie di emozioni: rabbia, dispiacere, impotenza e grande dolore. A distanza di più di un anno, sono emozioni che mi investono come i primi giorni, soprattutto quando Francesco, nei vari incontri che vedono protagonista questa storia, con grande coraggio racconta la sua vita, con il desiderio di lasciare un messaggio che possa aiutare qualcuno e toccare il cuore di altri.”
Nel libro affronti il tema del femminicidio in modo molto diretto. Secondo te, quali sono gli aspetti della violenza di genere che ancora oggi vengono sottovalutati o ignorati?
B. M.: “Il primo problema da affrontare sull’argomento della violenza di genere e familiare è il pensiero di tanti che le vittime si siano meritate quanto ricevuto perché non si sono ribellate ai primi gesti di violenza. Far comprendere innanzitutto alla società le dinamiche relazionali di alcune coppie, la dipendenza affettiva, la manipolazione, sono i primi passi che possono portare alla solidarietà con le vittime. Questo aiuterebbe a mettere con le spalle al muro chi si macchia di questo tipo di reati.”
Scrivere un libro come questo ha un forte impatto emotivo. C’è stato un momento particolarmente difficile durante la stesura che ti ha segnata più di altri?
B. M.: “I momenti più difficili sono stati i diversi racconti che riguardavano gli episodi di violenza e, in particolare, quello dell’omicidio. Quella è una scena particolarmente forte, che ho tentato di trascrivere con rispetto per Anna, ma con la consapevolezza che la triste e cruda verità era l’unica arma per far comprendere quanto sofferto da lei e da tutti i suoi cari.”
Cosa speri che i lettori portino con sé dopo aver letto “Ma io non ritorno – Un’altra Anna”? Quale pensiero o riflessione vorresti che restasse loro nel cuore?
B. M.: “Il mio obiettivo è che, così come ho già ascoltato da alcune donne che hanno letto il libro, questo ‘copione’ non si ripeta fino al tragico epilogo. Questo è un copione che deve essere interrotto prima e, ricordando le parole di chi mi ha detto ‘avrei potuto essere un’altra Anna’, mi auguro che una donna che si trovi in una relazione pericolosa si renda conto di quale rischio si corra nel perdonare le botte subite, nell’errata convinzione di poter cambiare chi può solo distruggere la loro vita e quella di intere famiglie.”