Sono stati presentati due specifici disegni di legge a firma Fdi e Lega riguardanti la reintroduzione del suffragio popolare nell’elezione dei Consigli provinciali. Obiettivo dell’operazione, inserire una clausola che modifichi – integrando e superando la legge n. 56 del 7 aprile 2014 – il sistema di voto degli Enti intermedi. Tale integrazione si renderebbe necessaria poiché la legge Delrio non può essere attuata, essendo le Province previste dalla Costituzione. Inoltre, poiché quest’ultime mantengono competenze sull’edilizia scolastica, sulla tutela e la valorizzazione dell’ambiente, sui trasporti e sulle strade provinciali.
Il dibattito in corso, probabilmente nel più ampio disegno del federalismo regionale e del sistema Presidenziale, ci tocca da vicino.
Uno dei sistemi che le amministrazioni provinciali non sono mai riuscite ad abbattere, infatti, è la condizione di squilibrio presente tra le aree e i rapporti di iniquità legati al gettito di Stato.
La condizione calabrese si presenta suddivisa in cinque Enti intermedi, di diversa dimensione demografica e territoriale. Tali differenze hanno generato, storicamente, aree di figli ed aree di figliastri.
Riteniamo riduttivo – in funzione di quanto descritto – riaprire un ragionamento sulle Province, limitando l’azione al solo cambiamento del sistema elettorale. Piuttosto, sarebbe il caso di avviare una riflessione parlamentare su una generale revisione degli ambiti provinciali. Sulla funzione dei Capoluoghi e sulla possibilità di circoscrivere aree ad interesse comune. Sussidiarietà e coesione territoriale dovrebbero essere i capisaldi posti alla base di una visione più ampia. Un orizzonte che restituisca dignità ai territori, mettendo al centro Comunità ed aree equamente dimensionate e coerenti rispetto gli ambiti presenti nella Regione.
Nel contesto calabrese, ancora, la scelta di un Ente territoriale di Governo piuttosto che di un Ente funzionale e strumentale, ancorché di Area Vasta, non può essere frutto di un sorteggio né della semplicistica riproduzione pedissequa dell’attuale perimetrazione provinciale. Invero, bisognerebbe armonizzare i nuovi Enti su quei presupposti stabili dalla Delrio che identificano gli ambiti ottimali superiori ai 2500km² e con una popolazione non inferiore ai 350mila abitanti. Anche perché, a ogni trasferimento di funzioni ai rinnovati Enti dovrà corrispondere un adeguato trasferimento di risorse economico-finanziarie per farvi fronte. Correlazione fra funzioni e risorse desumibili, quindi, oltre che un principio di ragionevolezza dettato dal riassetto del Titolo V della Costituzione.
Ambiti come la Provincia di Crotone, ma anche entità territoriali sguarnite di riconoscimento amministativo come la Sibaritide dovrebbero stare in campana. Il reinserimento del suffragio universale, nel sistema elettorale degli ambiti provinciali, relegherà l’Arco Jonico in una condizione di marginalità rispetto le capitali del centralismo storico. Le succinte demografie dei contesti sibariti e crotoniati a se stanti, renderanno vano il tentativo di racimolare rappresentanza locale in seno ai rispettivi ambiti provinciali. Bisognerà, altresì, lavorare per ridefinire i perimetri degli Enti intermedi su ambiti affini e coerenti. Allontanando lo scriteriato sistema storico che ha delimitato le attuali circoscrizioni, disegnandole per come le conosciamo oggi.
Inoltre, è in atto da tempo il tentativo (neppure celato) di ristabilire un processo amministrativo impostato, esclusivamente, sui tre Capoluoghi storici. La triplice sindacale, le Camere di Commercio, ancor prima le Aziende Ospedaliere, hanno centralizzato tutte le competenze nella vecchia perimetrazione calabrese: Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria. Non basterà, quindi, un diverso sistema elettorale – esteso a tutti i cittadini – a riportare equilibrio nello scriteriato sistema calabrese. La politica jonica dovrà sforzarsi affinché venga riconosciuta una perimetrazione ottimale delle circoscrizioni provinciali, tenendo conto delle modifiche intercorse alla geografia amministrativa negli ultimi anni. In questo contesto, la fusione tra le estinte Città di Corigliano e Rossano potrà e dovrà recitare un ruolo da protagonista. Contemporaneamente a come Crotone dovrà trovare la forza per svegliarsi dal letargo politico nel quale è piombata, inverando finalmente il significato del termine Capoluogo e non già un pro-forma. Poiché, è solo dall’unione dei due ambiti (Sibarita e Crotoniate) che si creerebbero i presupposti per immaginare un contesto territoriale adeguato alle esigenze prescritte dalla Delrio. Un’area vasta di oltre 400mila abitanti, gestita da un doppio Capoluogo: Crotone a sud, Corigliano-Rossano a nord.
Solo così gli strascichi centralisti che caratterizzano la nostra Regione, generando aree ultrasature e contesti periferizzati e larva di loro stessi, potranno essere debellati. Con il vantaggio che a crescere non sarebbe solo l’Arco Jonico, ma la Calabria tutta.
Ufficio Stampa – Jonia-MagnaGraecia